Tre donne diverse per età e storie di vita, che si occupano di nascite, più o meno felici, “ dalla parte di Lei”: due ostetriche, di differenti generazioni, Lidia Casagrande, che si è occupata di parti a domicilio e di cura delle donne in ospedale e in consultorio e Maria Vittoria Sartori, che lavora nella struttura pubblica e la neolaureata in giurisprudenza, con una tesi sulla violenza ostetrica, Irene Cecioni.
Di violenza ostetrica ho parlato con Irene Cecioni, nata nel 1997, che a questo argomento ha dedicato la sua tesi di laurea in Giurisprudenza all’Università di Pisa .
1) Cosa si intende per violenza ostetrica?
Per il momento l’unico modo che abbiamo di rispondere alla domanda “che cosa è la violenza ostetrica?” è ascoltare le testimonianze di chi l’ha subita, perché in Italia e in Europa non esistono norme che codifichino in qualche modo questo tipo di violenza.
L’unica certezza è che la violenza ostetrica è una violenza di genere, una violenza sulle donne in quanto donne, dato che questo tipo di maltrattamento è sempre collegato alla maternità, al parto, e, di conseguenza, alla biologia della donna.
2) Come e se è normato questo fenomeno in Italia, Europa, all’estero?
La violenza ostetrica è normata solo in alcuni paesi dell’America Latina.
La legislazione latino americana è stata colta come spunto da alcuni organismi internazionali per emanare disposizioni di soft law, che hanno riconosciuto come la questione della violenza durante il parto sia un problema globale. Basti pensare alla dichiarazione dell’OMS per “La prevenzione e l’eliminazione dell’abuso e della mancanza di rispetto durante il parto presso le strutture ospedaliere” del 2014; oppure alla Risoluzione dell’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa sulle violenze ostetriche e ginecologiche del 2019.
In Europa, sebbene esistano diverse leggi che riguardano la tutela della salute delle donne e dei neonati, non c’è ancora traccia di norme che puniscano specificamente la violenza ostetrica
3) Ci puoi fornire qualche numero?
L’ Osservatorio sulla Violenza Ostetrica italiano (OVO Italia) ha promosso l’unica raccolta dati presente in Italia sul tema: si tratta dell’indagine dal titolo “La donna e il parto”. La ricerca è stata condotta da Doxa tramite il meccanismo delle interviste, e ha coinvolto circa 400 donne con almeno un figlio di età compresa tra 0 e 14 anni. Dai risultati di questa indagine, emergerebbe un quadro abbastanza chiaro: il 41% delle intervistate avrebbe dichiarato di aver ricevuto un’assistenza al parto lesiva della dignità e integrità psicofisica; il 21% avrebbe dichiarato di aver subito maltrattamenti fisici o verbali durante il parto nonché altri trattamenti inappropriati o offensivi della dignità. A causa dei traumi patiti durante il travaglio e il parto, il 6% delle donne intervistate ha deciso di non avere più figli.
4) Si parla di medicina di genere: perché e quali prospettive?
La medicina di genere è un approccio che serve per superare quello che viene definito come “androcentrismo della salute e della medicina”. Per anni infatti le ricerche scientifiche si sono svolte su popolazioni di sesso maschile o non hanno tenuto conto, nel momento delle sperimentazioni o della valutazione dei risultati, delle differenze di sesso e di genere. Piuttosto, il corpo della donna è stato oggetto di un’indagine specifica e personalizzata solo nell’ambito delle questioni legate alla sessualità e, in particolar modo, alla capacità di generare nuova vita. Per approfondire questa tematica, ho trovato preziosa la lettura del libro “Per un Habeas Corpus di genere” (2022) della giurista Francesca Rescigno, autrice che sottolinea con forza come la questione non riguardi solo la mancata considerazione delle differenze fisiche tra uomini e donne, ma anche l’assenza di attenzione verso i fattori legati alla condizione di subordinazione femminile rispetto a quella maschile, che hanno un impatto significativo sul godimento del diritto alla salute.
A dir la verità, da un punto di vista legislativo, in Italia ci stiamo muovendo in una buona direzione, dal momento che è stata approvata nel 2018 la legge Lorenzin, ossia il primo vero riconoscimento a livello legislativo dell’approccio gender-based sia nell’ambito della ricerca, sia nell’ambito clinico. Il fine ultimo della norma è infatti proprio quello di migliorare la salute di tutti attraverso una medicina realmente personalizzata, auspicabilmente più efficace e, magari, anche più economica.
Sulla pagina Facebook di Lidia Casagrande, il giorno del suo pensionamento, una donna ha scritto:<<Lidia e Stefania hanno aiutato a partorire molte di noi…Ma soprattutto ci hanno sempre incoraggiato a fidarci del nostro istinto…Grazie per averci sempre sostenute.>>
Lidia Casagrande si è presa cura delle donne maremmane all’Ospedale di Massa Marittima (Gr) per 20 anni, ha poi lavorato al Consultorio di Follonica ( Gr) fino al 2020.
1) Cosa puoi dirci su questa sapienza delle donne ignorata e mortificata in tanti reparti medicalizzati ?
Dal 2007, quando sono stati chiusi tanti piccoli ospedali, i reparti di ostetricia, accorpati in strutture più grandi, sono diventati “bimbifici”, dove si seguono protocolli, per evitare responsabilità, i medici con cui la donna viene in contatto sono diversi, la donna incontra la rigidità, non la relazione, il rispetto della diversità di ciascuna…perché le donne eccedono i canoni, richiedono interventi personalizzati.
Ogni donna è diversa, può essere curiosa, razionale, i tempi di ciascuna sono differenti, e l’insegnamento più importante che ho ricevuto dalla mia esperienza è quello di aiutare le donne a conoscere e possibilmente innamorarsi e allearsi col proprio bambino, a scoprire le competenze proprie a partire dall’ascolto di sé e del bambino.
Questa società non vuole donne consapevoli e competenti sulla propria salute, pretende la delega a protocolli spersonalizzati, mentre la mia storia dice:<< impariamo dalle donne: loro sanno già cosa devono fare>> ed io dovevo solo assecondarle . Questa è la spinta positiva che mi piace trasmettere.
Non è possibile trovarsi per la prima volta con sconosciuti al parto.
Il momento è delicato, non si può chiedere alle donne di difendersi o pretendere.
In quel periodo, nel 2007, in Maremma, sono state chiuse 3 strutture per il parto naturale, adducendo motivi di sicurezza, ma in realtà per motivi economici, perché nello stesso periodo venivano aperte analoghe strutture come la “ Margherita “ a Firenze, lasciando la Maremma priva di questa esperienza che era stata all’avanguardia.
In altri paesi, come la Gran Bretagna, i centri nascita, che seguono circa 400/500 parti l’anno, sono 210, mentre i reparti di ostetricia, da 3500 parti in su, sono 190, con collegamenti anche con le Università per formare soggetti competenti sulla naturalità del parto; a distanza breve dagli ospedali, con una percentuale del 60% di parti in acqua, i centri nascita si trovano anche in luoghi isolati della Scozia. Le donne, motivate a non andare lontano, si sentono più forti e disposte a mettersi in gioco.
Nel mio lavoro, nelle stanze dedicate, il travaglio e parto era seguito con rapporto una a una tra ostetrica e paziente, con ottimi risultati, circa l’1% dei parti cesarei a Massa Marittima.
Chiedevamo alle donne di scrivere della loro esperienza e i racconti, tranne alcune minime eccezioni erano di esperienze entusiasmanti.
2) Adriana Cavarero nel n. 160 di Leggendaria del luglio 2023 ( www.Leggendaria.it) studiosa del “ pensiero della differenza sessuale”, esorta a leggere narrazioni di mano femminile della concreta esperienza della maternità, “ un fatto degno di essere messo in parole, una materia di conoscenza che riguarda i corpi singolari di chi ha messo al mondo qualsiasi essere umano viva al mondo” e aggiunge “smettiamola di leggere saggi sociologici e psicologici sulla maternità. Leggiamo queste storie.” Sarebbe molto interessante ritrovare e leggere queste testimonianze.
So che anche a Poggibonsi e al Centro Nascita Margherita, a Firenze , raccolgono queste storie, mentre tra i testi pubblicati suggerisco di Verena Schmid Venire al mondo e dare alla luce e di Ina May Gaskin La gioia del parto.
3) Una trentina di parti, li ha seguiti a casa, così come a casa ha fatto nascere i suoi due figli.
Cosa ti piace raccontare dei parti in casa ? Negli anni ‘80 noi ragazze degli anni ‘70 che affrontavamo la nascita dei nostri figli/e ne eravamo entusiaste e quando non era a casa, sceglievamo reparti orientati alla nascita naturale, o parti dolci, in acqua. Che dire di questa esperienza, minoritaria, ma significativa, per le donne che la vivono e per le ostetriche che le accompagnano ?
Il parto non è un atto medico, ha a che fare con la biologia della donna e l’ostetrica è la persona più indicata per seguire questo percorso con il dialogo e con le mani . Mi piace parlare di “ nascita indisturbata”, in cui si rispetta la sapienza materna.
Continuano a esserci donne che scelgono di partorire a domicilio e ostetriche che svolgono questo tipo di assistenza, ovviamente in casi di gravidanze fisiologiche, con rapporto di fiducia.
Io ho partorito a casa i miei figli e in una certa fase avrei voluto occuparmi solo dei parti a domicilio. Poi ho preferito restare nella struttura pubblica a cui si rivolgono tante più donne, tanto più diverse tra loro, straniere, italiane, più o meno giovani.
Mi sono formata in Olanda e a Firenze con Verena Schmid e dall’89 ho seguito parti a domicilio in Maremma.
Continuano a farlo anche oggi diverse ostetriche, in tutte le regioni d’Italia, molte in Piemonte, moltissime in Trentino e Alto Adige.
4) Quali aspetti del rapporto con le donne ti preme evidenziare ?
Prima di avere figli, dicevo “ Sono la mamma delle mamme” nel senso che un’ostetrica accoglie sempre, senza giudizio né imposizioni, prende ciò che accade, in un rapporto di libertà, io libera di darti le informazioni e l’esperienza, tu libera di ascoltare e farla tua, in una relazione di fiducia che si costruisce durante la gravidanza; infatti al consultorio preparavamo la coppia, perché fosse consapevole delle dinamiche che avrebbe affrontato.
Per me è sempre stato importante che ogni donna riuscisse a stare bene con sé stessa, per poter essere accogliente con l’altro, la creatura che nasce, sentirsi accolta, essere sé stessa.
Esserci, non fare, questo ci è richiesto, e con mani gentili, sapienti e delicate, sempre con gel o guanti umidi, anche in gravidanza, dove l’ecografo non vede tutto, perché più la donna si rende consapevole e competente, meglio accoglie il bambino e il suo benessere.
Quando sono loro a decidere sulla loro “nascita”, anche l’allattamento poi è più facile e la scelta tra allattamento naturale o artificiale appartiene alla sfera delle decisioni di ciascuna, non a mancanze.
Mentre la media italiana vede il 35% delle madri che allattano al terzo mese, le donne del nostro consultorio avevano una media del 90%, sempre nel rispetto delle scelte individuali, senza giudizio.
Mi preme ricordare che quando racconto la mia esperienza positiva è perché ho incontrato e fatto parte di equipe con la stessa impostazione e cura.
Il ruolo dell’ostetrica ha una filosofia femminista, difende la donna in un luogo patriarcale, altrimenti fa il gioco del potere.
Maria Vittoria Sartori, classe 1992, svolge la sua professione presso l’Ospedale Lotti di Pontedera (Pi) , altra età e sperienza, ma stesso entusiasmo e postura nel rapporto con le donne.
1) Ti ho conosciuto, Maria Vittoria, in un’esperienza di assistenza a gravidanza parto, del dicembre 2023, e allattamento felice di cui sei artefice e protagonista.
In una genealogia di donne che hanno relazioni privilegiate con le ostetriche, le nostre mamme, io con P. e il parto in casa, Am con te.
Partirei da qui, dal passaggio di testimone, dalla gratitudine per la genealogia di donne in cui ti inserisci, per raccontare come hai conosciuto e poi scelto questo lavoro…
Sono cresciuta in una famiglia numerosa e mia mamma mi ha sempre parlato, sin da piccola, della gratitudine, del rispetto e dell’ammirazione che provava verso la propria ostetrica, o meglio verso le proprie ostetriche: di tre parti che ha avuto, tre storie totalmente diverse, ostetriche diverse , ma di ognuna di loro ha avuto sempre bei ricordi e aneddoti che racconta sempre col sorriso riconoscente anche a distanza di molti anni. Probabilmente è durante quei racconti che ho iniziato a riflettere e a pensare quanto sarebbe stato bello essere quella persona, quell’Ostetrica che rimane impressa, aiutare le mamme in quel momento così delicato e instaurare quel rapporto meraviglioso di fiducia che si crea intorno alla nascita di un bambino.
2) Ci sono stili diversi di lavorare su questi temi e approcci diversi…come e perché hai scelto Pontedera ?
A Pontedera ho trovato un ambiente che crede nella potenza delle donne e del corpo delle donne, e crede molto nelle ostetriche. Siamo un gruppo di ostetriche giovani, crediamo molto nell’assistenza one-to-one h24 con le donne, cerchiamo di trovare soluzioni per esempio a prodromi lunghi, o a malposizioni fetali, ci aggiorniamo costantemente e ci consultiamo e consigliamo tra di noi; oltre a questo abbiamo anche dei medici che ci supportano molto ad utilizzare i nostri “strumenti ostetrici”, a volte anche quando noi ancora stiamo riflettendo su come procedere in una situazione difficile, loro per primi ci propongono vasche, docce o trattamenti di medicina cinese. Ho trovato un ambiente molto stimolante e sereno che sfrutta molto l’arte ostetrica e mi permette di aspirare a diventare come quelle ostetriche dei racconti della mia mamma.
3) Come definiresti l’importanza della relazione tra terapeuta e paziente nel contesto ostetrico?
Come nasce il rapporto di fiducia con le pazienti?
Nel contesto ostetrico la relazione che si instaura con la paziente è fondamentale per la buona riuscita del parto sia dal punto di vista di salute fisica, che quella psicologica. E’ vero che l’obiettivo deve essere la nascita di un bambino sano, ma è molto importante anche la percezione che ha avuto la mamma del parto in se, come lo ha vissuto, se è rimasta felice di come è andato il travaglio e di come si è sentita sostenuta (sempre collegandomi ai ricordi di mia mamma). Ad oggi le future mamme partoriscono per la maggior parte dei casi in ospedale, ed il passaggio tra la propria casa e l’ambiente ospedaliero è sempre un momento delicato perché si passa da un ambiente familiare ad un ambiente solitamente sconosciuto, è per questo che spesso le donne che a casa avevano contrazioni dolorose e regolari, quando arrivano in pronto soccorso improvvisamente non hanno più contrazioni; le mamme non se lo spiegano ed hanno paura di essere prese per “matte”, ma questo è proprio un meccanismo messo in atto dal corpo per “difendersi” da un ambiente sconosciuto. Il travaglio ed il parto sono dei momenti talmente intimi che spesso il passaggio da un ambiente ad un altro può determinare l’andamento degli stessi quindi il consiglio è sicuramente di andare a visitare il luogo dove si andrà a partorire per iniziare ad ambientarsi. Ma la relazione maggiore che si dovrà instaurare è con l’ostetrica che seguirà il travaglio, può instaurarsi un buon rapporto in quel momento ma il tempo è breve e l’ostetrica deve essere brava a capire la donna che ha davanti, sicuramente si parte avvantaggiate se si ha un’ostetrica di fiducia che ci conosce e che ci ha seguite durante la gravidanza. Proprio come è successo ad Am: ha deciso il posto dove andare a partorire perchè era il posto che più le dava fiducia, aveva l’ostetrica con cui aveva creato una bel legame durante la gravidanza, era pronta, felice e sicura di se quando ha rotto il sacco ed è stata ricoverata in ospedale, ed il corpo ha seguito le sue sensazioni positive entrando velocemente in travaglio.
4) Qual è il ruolo dell’empatia nella tua professione e come la metti in pratica?
Ogni donna è diversa, ha diverse esigenze e soprattutto ha diverse storie, il ruolo dell’ostetrica è riuscire ad aiutare le donne senza giudicare le scelte o gli atteggiamenti della donna o della coppia. Come ostetriche siamo lì come sostegno e personalmente cerco sempre di scindere la mia vita esterna, le mie credenze, i miei giudizi da quello che sta succedendo in sala parto, perché quello che sta succedendo non è la mia storia, ma la storia di quella famiglia che si sta formando.
5) Come ti assicuri che la libertà e le scelte delle pazienti siano rispettate durante il parto? In che modo lavori per garantire che l’assistenza ostetrica sia inclusiva e sensibile alle diverse esigenze delle differenti donne?
Parlando con le donne e confrontandoci con loro, emergono paure e richieste. Credo molto nell’empowerment, quindi cerco di spiegare il più possibile alla donna cosa le sta accadendo e quali sono le migliori strategie da mettere in atto, insieme. Capita che le richieste delle donne in quel momento siano in disaccordo con la mia idea di gestione del travaglio, ma preferisco avere una mamma soddisfatta e con un bel ricordo piuttosto che una mamma che ha seguito le mie indicazioni ma con un brutto ricordo del parto (ad esempio donne che vogliono l’epidurale a tutti i costi anche se il travaglio sta andando molto veloce e l’epidurale risulta quasi inutile. Ma meglio una donna con un bel ricordo piuttosto che una donna che si ricorderà per sempre che non le è stata fatta l’epidurale).
6) Come influisce la relazione con le colleghe e le altre persone della squadra ?
E’ fondamentale poiché dobbiamo essere molto sintonizzate soprattutto perché in ogni momento può insorgere un urgenza o un’emergenza e in quei momenti lavorare d’equipe è la base per una buona riuscita della situazione critica.
7) Sembra implicito che la ostetricia e ginecologia siano “ medicina di genere” , visto che le pazienti sono solo donne, eppure non è scontato… Cosa intendi per “ medicina di genere “ e perché è importante nella pratica ostetrica? In che modo l’approccio di genere influisce sulla cura e sul trattamento delle pazienti? Quali sono le sfide principali nell’integrare la medicina di genere nella pratica quotidiana? Come ti assicuri che le esigenze specifiche di genere siano rispettate e integrate nel piano di cura?
Uno degli aspetti che più mi piace del mio lavoro è che si dedica interamente alle donne, in tutto l’arco della vita e non soltanto in gravidanza. cerchiamo ogni occasione per organizzare eventi come per esempio open day e giornate di visite gratuite dedicate alla donna a 360° per valorizzare la donna e fare educazione sanitaria e prevenzione. c’è una grande attenzione rispetto alle donne e nel rispetto delle donne proprio perché c’è sempre stato un gap nella cura tra uomo e donna uno degli obiettivi delle ostetriche è proprio quello di valorizzare la donna e prendersene cura.
8) Cosa consiglieresti a chi sta iniziando la carriera di ostetrica?
Consiglio di non smettere mai di imparare perché la medicina è in continua evoluzione, soprattutto consiglio di mettersi sempre nei panni delle donne che abbiamo davanti a noi, questo può aiutarci a comprenderle meglio.
9) Anche tu sarai mamma….cosa vorresti vedere nel campo dell’ostetricia per migliorare l’assistenza alle donne?
Mi piacerebbe vedere più percorsi a basso rischio gestiti interamente da ostetriche. Un tempo infatti la gravidanza era seguita solo dalle ostetriche. Piano piano sempre in più ospedali e consultori stanno stornando a dare alle ostetriche l’intera gestione della gravidanza fisiologica. è stato infatti studiato un miglioramento degli outcocomes, (meno tagli cesarei, meno ventose e meno episiotomie) nelle gravidanze e nei travagli seguiti interamente da ostetriche.
Verena Schmid
Venire al mondo e dare alla luce
Feltrinelli, Milano,2014
272 pagine, Euro 12,00
Ebook Euro 6,99
Ina May Gaskin
La gioia del parto
Bonomi Editore, Pavia,2004
384 pagine, Euro 19,90
Mariapia Achiardi Lessi, Livorno, giugno luglio 2024