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Confronto sulle recenti pronunce giurisprudenziali in materia di addebito e spese del nostro Tribunale e degli altri Giudici di merito e di legittimità.

Nell’incontro di autoformazione che si e’ tenuto il 15.07.2014 nella sede della sezione livornese in C.so Mazzini 40, abbiamo esaminato e discusso alcune pronunce giurisprudenziali di legittimita’ in materia di addebito e spese del nostro Tribunale e degli altri Giudici di merito e di legittimità.

L’Avv. Maria Pia Lessi, che ha introdotto il lavoro sulla base delle ricerche giurisprudenziali effettuate dall’Avv. Claudia De Pasquale e dall’Avv. Arianna Roma, ha richiamato l’intervento effettuato da Michela Marzano il 14.07.2014 alla Camera dei Deputati quale relatrice del progetto di legge sul cognome materno https://www.youtube.com/watch?v=dAQmTjRdUuU&feature=youtu.be

per rilevare i cambiamenti culturali che la famiglia italiana ha vissuto negli ultimi decenni.

Cambiamenti non lineari, ma contraddittori per l’esperienza sempre piu’ multietnica delle nostre realta’.

E cosi’ se puo’ far sorridere la sentenza Cass. 5641\1980 che nega l’addebito alla moglie che vuol lavorare fuori casa purche’ il lavoro sia ” onesto”, o la sentenza che considera ” grave offesa alla dignita’ della mogliee non lieve pregiudizio al decoro e all’aspetto estetico della partner e della prole, e quindi motivo di addebito della separazioneil divieto imposto dal marito alla moglie di recarsi dal parrucchiere e di acquistare cosmetici, e la pretesa di tagliare personalmente i capelli a lei e ai figli”, restano attuali le pronunce relative a comportamenti autoritari di “poter familias” propri di visioni patriarcali (conf. Cass 24683 del 04.11.2013) come quella che prevede che un genitore separato non può pretendere d’imporre ai figli minori un credo religioso diverso da quello nel quale sono stati allevati, poiché ciò potrebbe influire sulla loro corretta formazione psicologica e affettiva.

Emerge nella giurisprudenza di legittimita’ un orientamento prevalente di considerare che “la pronuncia di addebito non può fondarsi sulla sola violazione dei doveri che l’art. 143 c.c. pone a carico dei medesimi coniugi, essendo, invece, necessario accertare se tale violazione abbia assunto efficacia causale nella determinazione della crisi coniugale, ovvero se essa sia intervenuta quando era già maturata una situazione di intollerabilità della convivenza, cosicché, in caso di mancato raggiungimento della prova che il comportamento contrario ai doveri nascenti dal matrimonio tenuto da uno dei coniugi, o da entrambi, sia stato la causa del fallimento della convivenza, deve essere pronunciata la separazione senza addebito (Cass. 28 settembre 2001, n. 12130; Cass. 18 settembre 2003, n. 13747)”

Le fattispecie sono contraddittorie (cosi’ non e’ stato ritenuto motivo di addebito della separazione a carico della moglie l’avere questa deciso l’ interruzione della gravidanza senza avere preventivamente reso partecipe il marito-padre della propria decisione (Trib. Monza 26/1/2006, n. 388) mentre l’abuso di alcool e’ stato considerato rilevante ai fini dell’addebito dal Tribunale di Bologna (sentenza 5628 del 15.12.2003) e NON rilevante dal Tribunale di Genova (sentenza 10.03.1981) che l’ha considerato malattia, mentre la Cass. 25842 del 18.11.2013 ha configurato l’addebito a carico del coniuge affetto da shopping compulsivo).

La Cass. 10719/2013 ha affermato in materia di allontanamento dalla casa familiare che secondo il consolidato orientamento di questa Corte, l’allontanamento, nella specie con i figli minori, al fine di escludere l’addebito, deve essere fondato su una giusta causa, il cui onere probatorio grava su chi realizza questa grave violazione dei doveri coniugali. Deve, infatti, osservarsi che “il volontario abbandono del domicilio coniugale è causa di per sé sufficiente di addebito della separazione, in quanto porta all’impossibilità della convivenza, salvo che si provi – e l’onere incombe a chi ha posto in essere l’abbandono – che esso è stato determinato dal comportamento dell’altro coniuge, ovvero quando il suddetto abbandono sia intervenuto nel momento in cui l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza si sia già verificata, ed in conseguenza di tale fatto. (Cass. 17056 del 2007; 12373 del 2005)”e, ancor piu’ recentemente, la Cass. 16170 del 15.07.2014 afferma che ” e’ legittimo l’addebito della separazione per il marito violento indifferente ai bisogni della famiglia”

Del restoper la Cass. 10715 del 16.03.2011 ” l’abbandono della casa familiare e dei figli è un reato”.

Ma la materia principe degli addebiti e’ la infedelta’ coniugale.

E cosi’ la giurisprudenza piu’ risalente (confr. Cass. 5635/1982, Cass. 17156/1983, Corte d’Appello di Perugia 28.09.1994) configurava addirittura il cosidetto “adulterio sentimentale” nei casi in cui l’infedeltà apparente fra coniugi separati integrasse l’ipotesi dell’ingiuria grave e affermava che ” costituisce causa di addebito qualora: a) la condotta del coniuge infedele sia tale da ingenerare nell’altro coniuge e nei terzi il fondato sospetto del tradimento; b) il comportamento sia animato dalla consapevolezza e dalla volontà di commettere un fatto lesivo dell’’altrui onore e dignità; c) dalla condotta dell’infedele sia derivato un pregiudizio per la dignità personale dell’altro coniuge, stante la sensibilità del tradito e dell’ambiente in cui vive” e ” una relazione platonica extraconiugale può portare alla separazione con addebito a carico del coniuge, se in considerazione degli aspetti esteriori con i quali il sentimento è coltivato e dell’ambiente ristretto in cui i coniugi vivono, dà luogo a plausibili sospetti di infedeltà, comportando offesa alla dignità e all’onore dell’altro coniuge”.

Lagiurisprudenza piu’ recenteinvece (sentenza n. 8929 del 12/4/2013) non ha invece ritenuto sufficiente alla pronuncia della separazione con addebito la relazione, meramente platonica, intrattenuta dalla moglie con un altro uomo e caratterizzata da telefonate e scambi di email, senza sfociare in rapporti sessuali” e, sul piano della infedelta’ pone con chiarezza l’attenzione sull’onere della prova.

La Cass. 16172 del 15.07.2014 ha sul punto affermato che” grava sulla parte che richieda, per l’inosservanza dell’obbligo di fedelta’, l’addebito della separazione all’altro coniuge l’onere di provare la relativacondotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, mentre, e’ onere di chi eccepisce l’inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda, e quindi dell’infedelta’ nella determinazione dell’intollerabilita’ della convivenza, provare le circostanze su cui l’eccezione si fonda, vale a dire l’anteriorita’ della crisi matrimoniale all’accertata infedelta”

Conformi a questa pronuncia Cass. 11516 del 23.05.2014 che ha affermato che ” di fronte all’adulterio documentato, il coniuge che chiede l’addebito all’altro ha assolto all’onere della prova che grava su di lui: non deve infatti essere lui a dimostrare che, a causa del tradimento, il matrimonio non possapiu’ proseguire, ma deve essere l’altro coniuge che vuole evitare l’addebito a dimostrare che la storia parallela sia sopravvenuta in un contesto familiare gia’ disgregato, al punto che la convivenza fosse solo un’apparenza” e Cass. 7998 del 04.04.2014 che ha ribadito la necessita’ di ” un accertamento rigoroso e di una valutazione complessiva e comparativa del comportamento di entrambi i coniugi”.

Abbiamo anche esaminato la giurisprudenza livornese, in particolare le sentenza n. 4184/2010 e n. 485/2014 che in punto di addebito testualmente dispongono rispettivamente “

Per quanto concerne la domanda di addebito la stessa si fonda sostanzialmente sull’allegato adulterio che sarebbe antecedente alla separazione di fatto e sarebbe la causa principale e esclusiva della crisi matrimoniale (l’episodio con percosse si colloca in epoca successiva alla separazione di fatto così come le vicende relative alla casa coniugale). Non è stata data alcuna prova dell’adulterio in costanza di matrimonio che non è mai stato ammesso (ciò che è stato ammesso è l’incontro con una donna che avrebbe determinato il xxxxx, in una situazione già di intollerabilità della convivenza, a separarsi) né può dedursi sulla base della costituzione di una convivenza in epoca successiva di qualche mese alla separazione di fatto. Deve inoltre tenersi presente che, quand’anche provato l’adulterio, resterebbe ancora da provare che questo è stato la causa determinante la separazione.

La domanda di addebito va dunque respinta”

e

” Quanto alla domanda di addebito nei confronti del marito, non sono note le circostanze in cui e le cause per cui il marito si è allontanato dalla casa coniugale e tale fatto isolato non è di per sé idoneo a fondare una pronuncia di addebito. Quanto all’allegato adulterio, lo stesso è rimasto sfornito di prova; le prove richieste, estremamente generiche e relative a fatti secondari (generiche frequentazioni in luoghi pubblici) dai quali non sarebbe stato possibile sulla base di massime di esperienza e dell’id quod plerumque accidit indurre la prova certa del fatto principale adulterio. Certamente, poi, inidoneo a fondare l’addebito è il mancato concorso al mantenimento della figlia per alcuni mesi, in un’epoca in cui la crisi coniugale era già conclamata.

La domanda va pertanto respinta”

. ” Condanna la convenuta, soccombente in punto di addebito, al pagamento dei residui 2\3 liquidati come da dispositivo”.

Le nostre conclusioni di operatrici giudiziarie in questo territorio sono state quindi di considerare assai rischioso consigliare ai e alle clienti, anche in presenza di tradimenti, abbandoni del tetto coniugale, mancato assolvimento degli obblighi di mantenimento, di richiedere l’addebito, visti gli esiti giudiziari.

Piuttosto resta aperta la possibilita’ di agire in autonoma sede, anche in punto di spese, con un’azione per danno aquiliano endofamiliare anche in assenza di addebito della separazione (confr. Cass. 5652 del 10.04.2012, Cass SU 26972/2008 , Cass. 8862/2012 e soprattutto Cass. 188853 del 15.9.2001)

Riferimenti giurisprudenziali

Cass. n. 5641 del 21.10.1980

Cass. n. 5635 del 28.10.1982

Cass. n. 7156 del 29.11.1983

Cass. n. 188853 del 15.9.2001

Cass. n. 12130

del 28.09.2001

Cass. n. 13747 del 18.09.2003,

Cass. n. 12373 del 10.06.2005

Cass. n.17056 del 03.08.2007;

Cass SUn. 26972 del 11.11.2008

Cass. n.10715 del 16.03.2011

Cass. n.5652 del 10.04.2012

Cass. n.8862 del 01.06.2012

Cass. 10719/2013 del 14.02.2013

Cass n.24683 del 04.11.2013

Cass.n. 25842 del 18.11.2013

Cass. n.11516 del 23.05.2014

Cass. n.16170 del 15.07.2014

Cass.n.16172 del 15.07.2014

Tribunale di Genova sentenza 10.03.1981

Tribunale di Bologna sentenza 5628 del 15.12.2003

Tribunale di Monza sentenza, n. 388 del

26/1/2006

Tribunale di Livorno sentenza n. 4184/2010 del 26.07.2012

Tribunale di Livorno sentenza n. 485/2014 del 11.04.2014

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